mercoledì 19 gennaio 2011

Da re del Beat a super tifoso. Il baseball segreto di Kerouac

Benzedrine, viaggi, romanzi, prosodie bop? Non solo. C' è stato anche un Kerouac sportivo, accanito sportivo, di cui persino i suoi amici più stretti, i suoi compagni di lotta e di poesia, sapevano poco o niente: per anni, forse con la segreta speranza di non invecchiare, o forse per combattere la solitudine, Jack Kerouac coltivò un hobby che lo teneva occupato per ore, ogni giorno, e che ebbe inizio nella sua casa di Lowell, sul tavolino davanti la finestra che dava sul backyard, perso fra le matite e i colori pastello. Su quel tavolo di legno Kerouac cominciò a giocare a baseball, in un campionato inventato di sana pianta, tutto suo, senza muovere un muscolo. Oggi il Fantacalcio, nel '50 a Lowell il Fantabaseball. Sempre su quel tavolo, una volta compilati i fogli dei risultati di ogni giornata, con i commenti, le cronache delle partite, i giudizi della stampa, con le rose delle squadre, gli infortuni, le condizioni del campo, la pessima reputazione degli arbitri, presi di mira anche allora, si potevano apprezzare le gesta di stelle immaginarie di prima grandezza come Wino Love, Warby Pepper, Heinie Twiett, Phegus Cody, Zagg Parker, idoli di squadre con nomi assolutamente credibili ispirati al mondo dei motori (i Pittsburgh Plymouths, i New York Chevvies) o suggeriti dai colori (Boston Grays, Cincinnati Blacks). Pagine di quaderno fitte di numeri, reportage e strategie, vivacissime (il nome di ogni squadra veniva colorato con una tinta diversa) che Jack conservava gelosamente in qualche cassetto che ogni anno si rimpolpava. Una struttura perfetta, e perfettamente inesistente, animata dalla stessa fantasia visionaria del letterato futuro, comprensiva di allenatori discussi, trasferimenti clamorosi e proprietari pronti a lasciare per le troppe proteste dei tifosi che li accusano di cattiva gestione del club. Non mancano aggiornamenti e personalizzazioni: ci sono commenti firmati dall' autorevole Jack Lewis, che è l' anglicizzazione del nome di battesimo di Kerouac, Jean-Louis. Jack Lewis era il titolare, nel fantabaseball di casa, della Jack Lewis' s Baseball Chatter. La storia sportiva, cartacea, di Kerouac adesso fa parte del "Jack Kerouac Archive" alla Berg Collection della New York Library: «Li avevamo pronti già nel 2007 - spiega il curatore Isaac Gewirtz - ma non avevamo abbastanza spazio. Adesso lo abbiamo trovato». E questa settimana esce anche "Kerouac at bat: Fantasy sport and the King of the Beats". Gewirtz conserva anche delle carte («sembrano simboli runici») con le quali Kerouac assegnava punteggi ai lanci da lui effettuati in giardino, mentre praticava il più rudimentale baseball casalingo, con un sassolino per palla e lo spazzolino da denti trasformato in mazza: «Jack era ossessionato dallo sport». Non al punto però da immaginarlo sporco (non scrive mai di combine, né di doping). La passione/ossessione l' aveva ereditata dal padre, grande frequentatori delle corse dei cavalli. Sarebbe stato anche un ottimo atleta, ma quando lo chiamò Frank Leahy, coach della squadra di football del Boston College, lui rinunciò: aveva già in testa di diventare scrittore e di trasferirsi a New York: «Già tra le pagine del suo baseball si intuiva il valore dello scrittore». Ogni giocatore aveva la sua biografia, raccontata nei minimi particolari, da cui emergeva una personalità sempre diversa, originale, come fossero dei musicisti o degli scrittori anche loro: «è probabile che tutto iniziò quando Jack dovette affrontare il dolore per la morte del fratello Gerard», prosegue Gewirtz. Gerard morì a nove anni quando Jack ne aveva soltanto quattro. Macinato dal dolore, cominciò a creare il proprio universo di fuoricampo stratosferici e di sconfitte imprevedibili. Provò a giocare a baseball in giardino, lanciando quello che poteva. Poi, non avendo amici intorno, cominciò a immaginare il suo campionato, preferì il tinello al giardino: «Aveva la precisione del matematico e il talento dello scrittore in erba». Al massimo della sua evoluzione, la Kerouac League poteva estendersi anche a 50 partite all' anno, sino alle World Series: stagioni lunghissime. Sembrava aver frequentato gli almanacchi federali, Kerouac, per come conosceva modi e stili dell' elencazione dei risultati, per la dimestichezza nel sistemare i numeri delle classifiche (complicatissime nel baseball). L' ultimo commento è datato 1958, ma Gewirtz è convinto che Kerouac abbia continuato col fantabaseball fino a due o tre anni dalla morte (1969). L' unico, fra i suoi amici, ad essere al corrente dell' altro Kerouac («forse lo scoprì per caso», dice Gewirtz), fu Philip Whalen, poeta anche lui: «Jack aveva paura che i suoi amici lo prendessero in giro». Nemmeno Ginsberg, forse, sarebbe stato in grado di capire: «Perché Kerouac, le sue partite, le vedeva sul serio~». Non era uno scherzo. Prima del beat, per lui, ci fu il bat. La sua prima macchina da scrivere fu una mazza da baseball. - ENRICO SISTI  - 18 maggio 2009 La Repubblica pag. 29

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